Questa volta vi proponiamo un resoconto di quella che abbiamo definito come una Escursione Terapeutica. Abbiamo chiamato questo articolo Escursione Terapeutica perche’ In tempo di Covid-19, di nuove terapie e vaccini, tutti noi abbiamo sviluppato uno stato d’animo di angoscia e preoccupazione. Chi non si è ammalato o ha superato l’infezione vorrebbe anche sentire o vedere, conoscere cose nuove, evadere dall’ambiente quotidiano, alla ricerca di spazi oltre i soliti ipermercati, oltre le solite strade intasate da automobili strombazzanti e di là degli assembramenti perigliosi e degli opprimenti palazzi a 10 piani.
Chi vive in Sicilia ha mille opportunità di “evadere” in molti luoghi (Etna, Nebrodi, Peloritani, Madonie, Erei, Monti Sicani…). Il beneficio fisico, mentale, psicologico è assicurato. Raggiungere questi luoghi è facile. Si può arrivare in auto e poi procedere a piedi per una passeggiata nel silenzio della Natura, fra i boschi di faggi, lecci, sugherete, cerri, i deserti lavici, lungo le rive di fiumi, laghi, ruscelli…
Le escursioni, quelle facili e quelle impegnative, sono tutte avvincenti, ci mostrano la ricchezza del nostro territorio tra Storia e Natura, delle varietà ambientali e floro-faunistiche spesso impensabili.
Il racconto del nostro socio dott. Giuseppe Parasiliti (profondo conoscitore di questi luoghi), vuole essere una “ Escursione Terapeutica ”, una sorta di anti-depressivo naturale che ci ricarica e ci aiuta a superare questa quotidiana pena del vivere. Vi assicuriamo che anche solo leggerlo darà una sensazione di benessere e di voglia di ripartire.
NELLA VECCHIA CALDERA – ESCURSIONE NELLA VALLE DEL BOVE
Era una domenica di giugno 2020 quando col Gruppo degli amici Escursionisti di Ambiente e Storia avevamo fissata l’escursione sull’Etna, alla Valle del Bove, la Vecchia Caldera. Qui in tempi remotissimi sorgeva il precedente cono vulcanico che poi era collassato su se stesso o (secondo altra ipotesi) era scivolato in mare con tutta la costa est del vulcano. I vulcanologi stimano che la struttura dell’attuale edificio vulcanico abbia un’età di 60.000 anni. Le prime manifestazioni magmatico-effusive ebbero origine nella zona di Acitrezza circa 700.000 anni fa. Da qui l’intero complesso vulcanico è andato spostandosi verso ovest (Val Calanna, Valle del Bove, Trifoglietto) in seguito alla formazione di varie “caldere” ).
Era l’alba. L’aria era fresca ma piacevole, ancora pulita, prima che la ripresa della vita quotidiana e l’attività dei gitanti della domenica riversassero nell’atmosfera i gas delle numerose macchine. Ci allontanammo dal punto d’incontro a Nicolosi con fretta, ma fiduciosi. Nel frattempo le ultime luci del paese si spegnevano all’altezza delle strutture alberghiere e il sole iniziava il suo viaggio diurno fugando già le ombre della notte.
Al Rifugio Sapienza posteggiammo le auto. Respiravamo avidamente l’aria della montagna che un venticello leggero rendeva pungente. Iniziammo il grande assalto al nostro caro e vecchio Vulcano.
Partiamo!
Iniziammo a salire lungo la pista da sci, il cui terreno ciottoloso le ruspe avevano battuto e reso privo di ostacoli. Con grande lena e con la foga dell’abbrivio, percorremmo il largo e lungo tratto terminale della pista. Camminammo fin dove una piccola radura, fra costoni di lava del 1968 e ammassi di detriti che le ruspe avevano creato, segnava l’inizio del restringimento dell’area percorribile. Il sentiero si inerpicava in un terreno sdrucciolevole e sinuoso sulla fiancata della montagna. Ci trovavamo fra le varie dune di lava, frutto dello sterramento dell’uomo per consentire ai piccoli bus di turisti di raggiungere la parte alta del vulcano.
Da lontano vedevamo i piloni e i tralicci della seggiovia che la furia selvaggia e devastatrice della lava del Mongibello aveva distrutto o abbattuto.
Risalendo il sentiero osservavamo il panorama vastissimo posto sotto di noi. A tratti ci fermavamo per consentire al nostro sguardo di posarsi sugli alberghi e sull’Osservatorio vicini, sui paesini dell’Etna e giù fino a Catania. Sulla fiancata sud-ovest si notavano nitidamente i paesi di Misterbianco, Paternò con la sua torre normanna, Biancavilla, Adrano sormontato dal maestoso Monte Minardo, Belpasso alle falde; in lontananza, di là dalla vallata percorsa dal Simeto, sul crinale delle colline si posavano le grigie case di Centuripe…
Prima tappa : la Montagnola
Alle ore 10.00 eravamo in vista del vecchio e ormai in disuso rifugio “La Montagnola”, a quota 2640 m. Le sue strutture semicadenti, la sua ala destra sventrata dalla lava, le lesioni macroscopiche delle pareti esterne mostravano il segno del tempo e della forza degli elementi. Passammo davanti al rifugio e ci fermammo nei pressi, accanto alla stazione della funivia ormai smantellata e in disuso. Accanto e a distanza cavi spezzati e arrugginiti, alcuni tralicci, risparmiati dalla lava, continuavano a mostrare, come spettri in un paesaggio desertico, la loro forza inconsistente.
Ci fermammo a ridosso della cabina di smistamento, chiusa e in condizioni cadenti, per ripararci dal vento e dal sole. In quel momento, fra quelle voci e battute di spirito che ci scambiavamo e che il vento portava via e annullava, tutti sentivamo un grande silenzio. E quella salita ci sembrò necessaria per riscoprire la solitudine e il silenzio e provare un gioioso e ristoratore senso di liberazione in quella landa immensa e selvaggia.
Notammo in quel luogo non disturbato dalla nostra sosta la presenza di una tranquilla e incuriosita coppia di cinciallegre. Il luogo inospitale riusciva a darci qualche soddisfazione. Guardammo verso nord il gigantesco cono del Vulcano e lo vedevamo maestoso, sicuro di sé, sornione, fumeggiante, ma che non incuteva paura; non come altre volte, per es. a S. Venerina, da dove si udivano i brontolii dell’Etna con emissioni di boati e leggere scosse telluriche. Cogliemmo di buon grado l’idea di qualcuno di andare a visitare una grotta di scorrimento lavico lì vicino.
Si continua a salire
Usciti dalla grotta risalimmo il pendio per immetterci sulla strada che costeggia l’ala sinistra della Montagnola; a quel punto notammo che dal basso, distanziati da centinaia di metri, dei piccoli bus arrancavano nella mulattiera. Sollevavano una nube di polvere che il vento subito disperdeva. Quei bus erano già scomparsi dietro le colline di lava che le varie eruzioni avevano formato nella parte alta del vulcano e noi ci dirigemmo verso est, lungo un sentiero largo e pianeggiante a ridosso della Montagnola. Superando alcuni terrapieni incontrammo una “cugnera”, che presentava ammassata ancora della neve ghiacciata. Rallentammo ripiegando a destra verso delle rocce che si stagliavano 100 metri davanti a noi. Erano le rocce del Trifoglietto, i resti delle antiche pareti del cratere collassato.
La Valle del Bove
Da quel punto, anche se tra nuvole rade che salivano dalla vallata, si presentò ai nostri occhi uno spettacolo magnifico, mozzafiato. Era la Valle del Bove. Di un diametro di circa 5-6 km e di una profondità di 1000 metri aveva l’aspetto di una grande conca oblunga. Quella era la VECCHIA CALDERA. Il luogo dove un tempo remotissimo (40 – 50 mila anni fa) era sito il cono del Vulcano che, a causa di vari moti tellurici, era completamente sprofondato lasciando sotto il cielo quella grande vallata, di cui le numerose eruzioni avevano in minima parte diminuito la capienza. Eravamo quasi attoniti di fronte a quell’evento lontanissimo e a quello spazio che sembrava interminabile, striato qua e là da lingue scure di lava recente.
Io mi appoggiai ad una roccia e mi sporsi per seguire con lo sguardo tutto il pendio ora liscio e sabbioso ora interrotto a tratti da materiale roccioso ricoperto da erbe dure e spinose (lo spino santo) adatte a climi desertici o da costoni rocciosi ben squadrati che si ergevano verso il cielo come guglie gotiche e che avevano costituito in epoca lontana i vari tratti di efflusso del magma incandescente.
Qualcuno del gruppo si chiese ad alta voce:” Chissà perché la montagna affascina tanto”! E dal gruppo salì una voce trasognata e compiaciuta: “Perché dà il senso dell’infinito” …
La discesa nella valle
Ci muovemmo da lì verso destra sormontando per un tratto la parte nord-ovest della Caldera. Cercavamo il passaggio che ci consentisse di scendere al fondovalle lungo un pendio non molto ripido e coprire così il dislivello notevole. Iniziammo la discesa nella Valle del Bove con l’animo di chi cerca nuove sensazioni e con la certezza che non si dovesse faticare molto. Scendevamo a zig-zag, tagliando in diagonale un tracciato inesistente. La discesa era agevole. A tratti si scivolava sulla sabbia finissima, si rallentava, si riprendeva velocità con lunghe falcate, a volte dalla sabbia inumidita affiorava neve dura ancora ghiacciata. Le sporgenze e le rientranze della discontinua parete sulla sinistra e i lastroni rocciosi e inaccessibili sulla destra spesso ci inducevano ad un percorso piacevolmente obbligato.
Il gruppo, che si era distanziato per coprire quel chilometro di straordinaria, spettacolare e avvincente discesa, si riformò lentamente, e tutti ci dirigemmo verso dove un tempo si ergeva la solida struttura del Rifugio Menza. Le eruzioni successive al 1989, con l’apertura di due bocche effusive proprio nel costone nord della Valle del Bove, hanno cancellato del tutto il rifugio, il casotto di un allevatore e il bosco di grandi faggi accanto alla parete del Trifoglietto. L’intera Vallata e fino al Salto della Giumenta si presentava come una distesa di lava, con lastroni spezzati o contorti o cordati. Si vedevano dicchi magmatici scomposti sui quali spirava un vento leggero che saliva da Zafferana. Si poteva sentire il fischio lancinante del gheppio e il crocidio monotono del corvo imperiale… Il Vulcano si era ripreso il possesso del suo territorio e aveva cancellato le tracce di umane vestigia…
Sosta e pranzo
Il pasto ci consentì un’ora di riposo e di commenti vari, di impressioni e di meravigliata soddisfazione.
Poi percorremmo alcuni tratti della Valle… ci muovevamo su quei grossi lastroni spezzati via via che la lava si solidificava… ammassi scuri sfiancati dalla forza premente del fiume magmatico in cerca di spazi… avvallamenti e ingrottamenti ripetuti del substrato vulcanico investiti o lambiti dalle ondate in successione prodotte dalle furenti “bottoniere”… paesaggio “lunare” incontaminato e maestoso… di solitudine astrale e di forza selvaggia e incontrollabile… di muto sgomento e di rispettosa ammirazione…
Per risalire costeggiammo un tratto della Valle sulla destra e poi affrontammo la salita, ripida, obbligati a seguire un percorso tortuoso e improvvisato. La conformazione del terreno era quanto mai varia, andava dall’iniziale terreno erboso al pietroso al sabbioso con sparse e a tratti fitte presenze di faggi, sorbi degli uccellatori, betulle. Comunque, dopo quella impegnativa scalata, giungemmo sulla sommità dei bordi della Valle, propaggine del monte Zoccolaro.
Da lì fu facile ripiegare sull’altro versante, lungo il viottolo che serpeggiava in discesa in mezzo a una vegetazione filicinea frammista a profumatissime ginestre etnensi, tanaceti in fiore e faggi robusti.
L’ acqua della rocca
All’Acqua della Rocca, una sorgente sotto un grande faggio, ci fermammo per dissetarci. La parete rocciosa alta e a strapiombo pochi metri sotto la sorgente ci obbligò a deviare il cammino a destra, sopra uno strato polveroso di foglie secche dal quale esalava un odore acre e di muffa.
Uscimmo dal bosco nel greto di un torrente in secca e procedendo senza fretta arrivammo al Piano del Vescovo. Il sole già basso all’orizzonte, appena visibile dal punto dove eravamo, proiettava gli ultimi bagliori di fuoco lungo la linea dei contorni del Vulcano in direzione del Rifugio Sapienza.
Le ombre sempre più lunghe dei monti Pomiciaro e Zoccolaro ci annunciarono che il tramonto sulla nostra Montagna stava sfumando nei colori del crepuscolo…
Tutte le foto sono del Dott. Giuseppe Parasiliti
Il racconto è così bello e intenso che riesce a farci sentire presenti nella escursione, immersi nel silenzio della natura, negli odori degli arbusti sotto le immense ali del Vulcano. Bella come sempre la poesia dell’amico Giuseppe Parasiliti.
Bellissimo racconto,leggendo mi sono intrufolato con voi e vi ho seguito passo dopo passo e finalmente ho potuto conoscere un fianco della nostra beneamata montagna. Grazie.
Grazie a lei! Continui a seguirci e a visitare il nostro sito.
Nella lettura ho camminato con Voi .
Complimenti.
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