L’itinerario “terapeutico” di oggi, nel bosco di Malabotta, ci dimostra come nei posti meno noti spesso si trova una ricchezza floreale, faunistica e paesaggistica inaspettata. Qui il nostro amico e socio dott. Giuseppe Parasiliti ci accompagna in una passeggiata salutare e rinvigorente per lo spirito ed il fisico. Il testo è tratto dai suoi libri: ” Itinerari selvaggi sui Nebrodi” e “Viaggio nella valle dell’Alcantara”. Anche stavolta basta chiudere gli occhi per vedere come la natura batte tutto: anche i virus.

Bosco di Malabotta
Cerri

Cenni storici

Tra le zone paesaggistiche più suggestive del territorio siciliano merita particolare attenzione la Riserva Naturale Orientata del bosco di Malabotta. Noi l’abbiamo visitata più volte sia partendo da alcuni punti della valle dell’Alcantara come Roccella Valdemone, Malvagna, Mojo Alcantara, sia movendo da Floresta in direzione di Montalbano Elicona – Tripi.

La riserva naturale comprende sei centri abitati, Francavilla di Sicilia, Rocccella Valdemone, Malvagna, Mojo Alcantara, Montalbano Elicona e Tripi. La tutela del territorio di queste zone permetterà di scoprire e aumentarne lo sviluppo ecocompatibile di una zona a molti ignota.

Tali centri sono quasi tutti di origine medievale ad eccezione di Tripi. Era l’antica Abacena, luogo di insediamento dei Siculi prima e dei Greci dopo. Qui sono pregevoli il museo degli ori, il sito archeologico di Cardusa e quello tra le frazioni di Campogrande e Casale. Mojo e Malvagna furono fondati nel 1600 dai feudatari Lanza (questi due centri dal 1928 al 1945 furono riunificati in un solo “municipium” di nome Lanza).

Il territorio

Rocca Licopeti
Rocca Licopeti

Nelle nostre escursioni lungo i sentieri del bosco abbiamo potuto osservare una conformazione geomorfologica peculiare. Questo sia nelle zone collinari che degradano verso la valle dell’Alcantara (circa 700 metri sul livello del mare) sia nei rilievi più alti sulla dorsale che dai Peloritani si dirige sui Nebrodi a monte Croce Mancina 1341 metri. Le superfici della Riserva più vicine allo spartiacque presentano terreni di natura sedimentaria, arenaria e argillosa, coperti di boschi o sgombri da vegetazione arborea. In quelle dei rilievi più a valle prevalgono formazioni composite (conglomerati), marne calco-areniti o francamente calcaree.

Flora e fauna

Anemone
Anemone

La flora e la fauna sono molto simili a quelle dei Nebrodi, dei quali il bosco di Malabotta ci sembra una propaggine o un inizio. L’area della riserva accoglie una discreta zona di faggi (relitti dell’ultima era glaciale), aceri, querce, cerri, castagni, frassini, pioppi, agrifogli, lecci, “piraini” (peri selvatici), noccioli e roverelle.

Volpe
Volpe – foto di Tansy Ball

La vegetazione del sottobosco annovera pregevoli esemplari di laurella, rosa canina, felce, asfodelo, biancospino, prunastro e miceti vari (boleti, agarici, mazze di tamburo e prataioli…). Il bosco da’ asilo e ricetto a molteplici varietà di animali. Ricordiamo la volpe, l’istrice, il cinghiale, il gatto selvatico, il riccio, la donnola, il ghiro, il coniglio, il moscardino, il topo comune, l’arvicola. Tra i rettili abbiamo incontrato la biscia, il biacco e la natrice. Gli anfibi rappresentati da rospi e raganelle. Insetti e farfalle. Uccelli dai passeriformi capinera, cinciallegra, ghiandaia, gazza, ai rapaci diurni poiana, gheppio, falchetto, falco pellegrino, lodolaio, sparviero. Uccelli notturni come il gufo, barbagianni, allocco, civetta, assiolo. Nelle pozze più grandi del Licopeti abbiamo osservato anche le trote oggetto di attenzioni da parte dei pescatori locali.

L’Escursione

La nostra escursione comincia da Roccella Valdemone, pochi chilometri dopo il centro abitato in direzione di Floresta e Montalbano.Superato il ponte sul Licopeti, si imbocca una carrareccia che costeggia il ruscello e si percorre la strada fino a un piccolo slargo dove si può parcheggiare.

Il sentiero si svolge lungo la riva del torrente Licopeti; la principale risorsa idrica di Malabotta costeggia inizialmente la rocca Licopeti (gigantesco conglomerato) e risalendo il corso d’acqua, in alcuni punti attraversandolo o spostandosi su contigui piccoli pianori erbosi costellati da rose canine, si perviene, tra la galleria di verde del torrente, ad un grande slargo. Qui si trova un’area attrezzata, presso la quale ci si può rifocillare o sostare.

Dal torrente Licopeti a monte Croce Mancina

La radura è estesa. E’ circondata da querce e lecci, castagni e faggi. Poco distante, sulla sinistra, scorre il Licopeti, nascosto da macchie di salici e ginestre. Quest’area rappresenta il primo momento d’estraniamento dal mondo. Le sue pareti boscose s’innalzano allargandosi sempre più, mentre crocidano i corvidi e la ghiandaia sospettosa occhieggia tra i rami. All’estremità sinistra dell’area attrezzata, una carrareccia supera il ponte e risale (attraversando formazioni di cerri, pini e roverelle) verso Piano Notaro e fino alla strada statale che collega Montalbano a Roccella e Floresta. Al centro un’altra trazzera s’immette nel bosco e incrocia più in alto il torrente Pistone (che sfocia nel Licopeti), devia verso Croce Mancina e risale, attraversando un territorio splendido e verdeggiante, verso monte Fontana Scavi (1234 m.)  e l’Argimusco (1240 m.), fino all’altro punto d’ingresso sulla strada per Montalbano Elicona.

Nel cuore della riserva

Cerro Patriarca nel bosco di Malabotta
Cerro Patriarca

Noi abbiamo imboccato il sentiero a destra, che attraversa un tunnel di faggi (questo gruppo isolato costituisce il limite meridionale del faggio nella Riserva; in Sicilia, tale limite si trova nella valle di San Giacomo sull’Etna) e si allarga a mezza costa punteggiato da cerri robusti, ginestre, lecci e roverelle. Questo sentiero consente, via via che sale, di avere una panoramica bellissima della valle dell’Alcantara, di alcuni picchi dei Peloritani e dell’Etna, spesso biancheggiante sullo sfondo.

Quasi sul crinale siamo già a Serro Faita.  Si costeggiano poi, salendo di quota, le alture di Pizzo Petrolo (1337 m.), Pizzo Voturi (1125 m.), Monte Croce Mancina (1341 m.). Il sentiero che procede a ridosso o sullo spartiacque consente di godere non solo del panorama mozzafiato ma anche l’osservazione di alcuni esemplari di cerri e roverelle che giganteggiano dall’alto quasi a “proteggere” quel lembo di bosco da eventuali “nemici”. Ci siamo ricordati, vedendo questi alberi maestosi, di altre piante simili notate sui Nebrodi (nel bosco di Grappida, all’Acquasanta), anzi la località è di una somiglianza impressionante a quella popolata di cerri di Pizzo Nido nel Bosco di Caronia.

Veramente questi esemplari di cerri e roverelle danno l’idea del tempo che si è fermato (la loro età, secondo il botanico facente parte del gruppo si aggira tra i 400 e i 500 anni).

Da Monte Cerreto ai Megaliti dell’Argimusco

Monoliti dell'Argimusco
Argimusco – foto di Alfredo Ricceri

Si perviene poi all’area attrezzata di Monte Cerreto (1288 m.) presso la quale sostiamo per un’abbondante colazione.

Notiamo che il terreno è smosso dal grufolare di maiali (appartenenti alla pregiata razza del suino nero dei Nebrodi) o di cinghiali, molto diffusi sui Peloritani. Riprendendo il cammino si passa accanto all’area di parcheggio del Monte Cerreto, si prosegue in direzione di Monte Fontana Scavi e si perviene alla località Argimusco, presso la strada Floresta-Montalbano.

Monoliti Argimusco
Argimusco – Aquila foto di Sara Olivo – Madonna foto di Alfredo Ricceri

I megaliti dell’Argimusco, nel territorio di Montalbano Elicona, sono le strutture geomorfologiche più famose della riserva. Enormi ammassi o blocchi d’arenaria di varie forme e dimensioni ci riportano molto indietro nel tempo, ci inducono con la fantasia a fare un tuffo nella preistoria, quando popoli dell’Europa settentrionale (Celtici, Druidi…) o dell’Anatolia (Ittiti) accanto a dolmen o costruzioni megalitiche (pensiamo a Stonehenge, ai blocchi alveolari della Cappadocia) si riunivano per simbologie rituali o propiziatorie o apotropaiche. Sull’Argimusco sono pure presenti resti di antichissimi insediamenti.

Ritorno a casa

La strada del ritorno ci riporta inizialmente sui nostri stessi passi fino all’area attrezzata di Monte Cerreto. Da qui si devia a destra (la “carrata” di sinistra conduce alla Caserma della Forestale) immettendosi nel bosco ancora più folto (si nota la prevalenza del faggio) sino al bivio presso Monte Croce Mancina. Si scende ancora a destra e tra un rigoglioso sottobosco (con l’agrifoglio in fiore) ci si avvicina al torrente Pistone, che più giù sbocca nel Licopeti. Costeggiando il torrente tra rovi, rose canine, virgulti di citiso si perviene all’area attrezzata sul piano presso il Licopeti, che avevamo incontrato la mattina. Dopo 30 minuti eravamo alle auto.

Bosco di Malabotta
Bosco di Malabotta

Ci sembrò che il crepuscolo fosse giunto all’improvviso sulla riva del ruscello, che monotono gorgogliava, quasi non volesse disturbare le sue trote. L’ombra lunga della Rocca Licopeti ci ricordava del finire del giorno. Il “chiu” dell’assiolo annunciava il buio imminente.

Dove non specificato le foto sono del dott. Giuseppe Parasiliti

Bosco di Malabotta
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One thought on “Bosco di Malabotta

  • 28/03/2021 at 18:03
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    Peccato perché ora le giornate lo permetterebbero…….. Ma appena sarà possibile è un posto dove voglio andare con un gruppo di amici, per una…….salutare camminata, magari con un bel barbecue volante o la classica colazione a sacco. E foto…. foto… in quantità
    Bravo il dott. Parasiliti per i suoi itinerari che lasciano respirare a pieni polmoni
    Scos

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